Un concilio ecumenico può fallire pur essendo valido. Ma la Chiesa rimane indefettibile. Alcuni esempi storici dovrebbero essere sufficienti per rendere l’idea.
di Darrick Taylor* (13 aprile 2023)
Ecco un controfattuale per voi. L’anno è il 1545 e la Chiesa cattolica è in crisi.
La rivolta protestante si è diffusa in Germania, Francia, Scandinavia e nell’Europa orientale. Le violente rivolte contro l’ordine costituito durante la guerra dei contadini (1525) e l’assedio di Munster (1534), l’invasione ottomana dell’Europa orientale (1529) e la guerra tra Francia e Sacro Romano Impero minacciano la stabilità dell’Europa, mentre il virus dell’eresia religiosa si diffonde rapidamente.
Roma, assediata da una curia profondamente corrotta, rimase paralizzata per quasi tre decenni dopo che Lutero iniziò la sua rottura con la Chiesa, temendo che l’esito di un concilio ecumenico potesse mettere a rischio il suo potere.
Ma ora, una nuova generazione di vescovi e uomini di Chiesa è finalmente riuscita a riunirsi nella città di Trento, per discutere le crisi della guerra e della “Riforma”, a volte in modo piuttosto acrimonioso, ma infine decisa a fare qualcosa al riguardo.
Quando i vescovi entrano nella navata della basilica di Santa Maria Maggiore, prendono posto, un mare di berrette rosse riempie la grande cattedrale. Finalmente iniziano a discutere l’importante questione di come riformare la Chiesa e sanare la divisione causata dalla “Riforma”.
Ma prima che il Delegato pontificio inizi a parlare, la voce di un vescovo s’intromette. “Basta!”, grida. Questo Concilio non può procedere. Deve essere sciolto immediatamente!”.
Gli altri vescovi e i cardinali si guardano tra loro, i cui volti tradiscono lo stupore per quest’affermazione. Prima che possano reagire, la voce acquista un volto, che, con indignazione, urla loro contro.
“Siete tutti eretici e scismatici! Siete colpevoli del peccato di negare lo Spirito Santo!”.
L’uomo, che sembra abbastanza sano di mente, continua così per un po’ di tempo, fino a quando gli altri vescovi gli chiedono una spiegazione.
“Avete tradito il V Concilio Lateranense, un concilio ecumenico indetto da papa Giulio II, che è stato scelto dallo Spirito Santo”, è la sua risposta. La vostra infedeltà a quel Concilio è il motivo per cui la Chiesa non è fiorita. Dobbiamo tornare ai suoi documenti e gustare la loro dottrina pura e viva, e solo allora la Chiesa rifiorirà!”.
Per quanto questo scenario possa sembrare assurdo — è divertente pensare a cosa avrebbe potuto fare un San Carlo Borromeo ad un confratello del genere — è proprio ciò su cui insistono coloro che sostengono che “il Vaticano II non è ancora stato applicato”, nonostante tutte le prove. Negano che il precipitoso declino dei membri e della partecipazione alle messe negli anni ‘60 e ‘70 abbia qualcosa a che fare con il Vaticano II; la loro replica più efficace è quella di sparare al “messaggero”, insinuando che i cattolici che fanno notare questo dato di fatto, siano infedeli alla Chiesa, se non addirittura eretici.
Breve storia dei concili falliti
I cattolici comuni, non conoscendo la storia dei concili ecumenici, potrebbero essere tentati di credere a queste affermazioni. Ma come ha notato il vescovo Paprocki, un concilio può “fallire i suoi obiettivi” pur essendo valido. Alcuni esempi dovrebbero essere sufficienti per rendere l’idea.
Gli esempi più evidenti sono quei concili che sono in gran parte falliti perché non sono stati “accolti” da un grande corpo della Chiesa e non hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati.
Il Concilio di Lione II (1274) sembrava che avesse riunito l’Oriente e l’Occidente, ma papa Martino IV scomunicò l’imperatore di Costantinopoli, che fu una della cause della rottura definitiva fra Roma e le chiese scismatiche.
Un altro concilio provò la riunificazione fra l’Oriente e l’Occidente, quello di Basilea-Ferrara-Firenze (1417-1431), che ottenne un successo maggiore, formando una solida base per il ritorno delle chiese orientali. Tuttavia, la maggior parte dei cristiani orientali non è ancora tornata in comunione con Roma.
In altre parole, questi concili erano validi, ma hanno fallito i loro obiettivi.
Qualcosa di simile accadde nel caso del Concilio Lateranense V (1512), citato nello scenario precedente. Papa Giulio II ne controllò così strettamente i lavori che sembrò a molti non essere affatto un vero concilio; molti tedeschi, ad esempio, lo ignorarono, chiedendo un “libero concilio cristiano nelle terre tedesche” all’interno del Sacro Romano Impero. Lo scetticismo sulla sincerità papale in materia di riforme vanificò qualsiasi successo, anche se molte delle sue idee sarebbero state ripetute a Trento.
Anche i concili che ricordiamo come riusciti non sempre hanno raggiunto tutti i loro obiettivi immediati. Il Concilio di Trento (1545-1563), che ebbe tanto successo nel riformare gli abusi che portarono alla “Riforma” e nel rinvigorire la vita cattolica alla fine del XVI secolo, purtroppo però non raggiunse “l’estirpazione delle eresie… la pace e l’unione della Chiesa”, né “la depressione e l’estinzione dei nemici del nome cristiano”, come promesso nella sua sessione di apertura.
Il Concilio Lateranense IV (1215) ebbe un grande successo nei suoi sforzi di riforma, ma fallì nel suo “ardente desiderio di liberare la Terra Santa dalle mani degli infedeli”; non riuscì a realizzare quest’obiettivo.
Si potrebbe addirittura dire che un concilio ecumenico può essere stato un fallimento proprio perché ha raggiunto gli obiettivi prefissati. Il Concilio di Vienne (1311-1312) fu convocato da Clemente V, per volere di Filippo IV di Francia, allo scopo di ascoltare le accuse contro i Cavalieri Templari. Clemente V sciolse l’ordine, ma oggi sappiamo che poi graziò alcuni dei Cavalieri, e le motivazioni di Filippo IV sono sempre state sospette, poiché era finanziariamente indebitato con l’ordine.
Naturalmente, alcuni concili, pur non avendo raggiunto i loro obiettivi immediati, sono stati accolti nel lungo periodo. Il Concilio di Nicea I (325) è ricordato per il Credo che promulgò, ma non portò l’unità che l’imperatore Costantino sperava, quando lo convocò. Ci volle un altro mezzo secolo di dispute teologiche, sinodi rivali, imprigionamenti, scomuniche e infine un altro concilio nel 381 (Costantinopoli I) per definire la natura della Trinità e la forma finale del Credo. Anche questo Concilio non fu riconosciuto come ecumenico fino all’ennesimo concilio di Calcedonia, settant’anni dopo, nel 451.
I concili possono fallire, ma non la Chiesa
In breve, sì, i concili ecumenici possono fallire. Ma questo non significa che la Chiesa fallisca, quando essi falliscono.
Credo che uno dei motivi per cui molti cattolici non riescono a capire questo, sia la confusione sulla dottrina dell’infallibilità. Molti sembrano pensare all’infallibilità della Chiesa in termini positivi piuttosto che negativi.
Il Concilio Vaticano I e gli insegnamenti successivi sull’argomento indicano che l’infallibilità significa solo che la Chiesa è impedita dal commettere gravi errori con i più alti livelli della sua autorità. Ma molti sembrano pensare al Magistero come a una sorta di palla magica divina che fornisce risposte facili a domande difficili ogni volta che la Chiesa o il Papa lo desiderano.
Nulla di tutto ciò spiega, tuttavia, l’assurdità di fare del sostegno o della presunta “opposizione” al Vaticano II una cartina di tornasole dell’ortodossia e della fedeltà alla Chiesa, come molti ecclesiastici e teologi cattolici insistono a fare.
Il Vaticano II fa ormai parte della storia e del patrimonio della Chiesa, ma è solo un concilio. Inoltre, i suoi documenti sono probabilmente tra i più controversi di tutta la lunga storia della Chiesa, il cui significato preciso è ancora dibattuto ai più alti livelli della Chiesa. È sorprendente considerare che oggi, nella Chiesa cattolica, si può mettere in discussione, o addirittura negare apertamente, praticamente ogni dottrina o pratica che si desidera, eccetto il Vaticano II. Se lo fai come teologo o uomo di Chiesa, la tua carriera finisce in un attimo. Eppure Hans Küng ha scritto un intero libro in cui negava l’infallibilità papale (in gran parte in nome del Vaticano II) ma è morto da “cattolico in regola”, qualunque cosa significhi.
Il caso di Costanza
Gli irriducibili sostenitori del Vaticano II sperano ancora che le idee contenute nei documenti conciliari diventino un giorno importanti, come nel caso del Laterano V. Mi capita di pensare che possano avere ragione su questo punto, ma i documenti del Vaticano II semplicemente non possono esserne il veicolo. Sono troppo pieni di ambiguità, silenzi e contraddizioni, e quindi troppo facili da abusare.
I sostenitori del Vaticano II a volte invocano il Concilio di Nicea a questo proposito, sostenendo che esso ha avuto bisogno di tempo per produrre i suoi effetti. Ma storicamente parlando, il Vaticano II è più simile al Concilio di Costanza: non solo i suoi sforzi di riforma sono falliti, ma ha anche messo in discussione l’autorità della Chiesa. Si ricorderà che l’obiettivo principale di Costanza era la fine dello Scisma d’Occidente, che fu raggiunto. Ma il suo vero obiettivo era la riforma. Lo scisma aveva incoraggiato la crescita del conciliarismo, la dottrina secondo cui la Chiesa dovrebbe essere governata da concili universali e non da papi. Molti degli uomini che vennero a Costanza erano teologi di grande spessore, come Jean Gerson. (Costanza fu il primo concilio ecumenico in cui i teologi accademici ebbero un ruolo di primo piano, un’altra somiglianza con il Vaticano II e i suoi periti).
Costanza ha incarnato le speranze dei riformatori di mezzo secolo fa. Ma il tentativo di sancire il conciliarismo nei suoi documenti ha quasi lacerato la Chiesa. Causò lo scisma hussita e produsse concili rivali per decenni. I suoi effetti nefasti si protrassero fino all’epoca della Riforma e vi contribuirono. Un concilio rivale si riunì a Pisa mentre Giulio II convocava il Laterano V. Hubert Jedin, il grande storico di Trento, scrisse che i vescovi tedeschi erano così passivi di fronte alla rivolta di Lutero perché aspettavano un concilio che la affrontasse, cioè un “vero” concilio come quello di Costanza.
Solo quando una generazione di vescovi finalmente decisi a fare qualcosa per la crisi prese il potere nella Chiesa a Trento, qualcosa cambiò. Probabilmente sarà così anche per la crisi attuale.
Come il fantasma del conciliarismo ha perseguitato la Chiesa per decenni, e ha contribuito al fallimento del Laterano V, allo stesso modo lo “spirito del Vaticano II” perseguita la Chiesa oggi. Nel primo caso, c’è stato bisogno di un cataclisma ancora più grande, quello della “Riforma”, perché la Chiesa abbandonasse il suo rapporto con i tentativi falliti di riforma. Dovremmo imparare dal passato piuttosto che ripetere quegli errori.
È un fatto terribile della storia che, anche se Dio non lascerà che la sua Sposa sia alla fine sconfitta, la Chiesa è riuscita a mettere alla prova l’amore che Egli ha per Lei, più spesso e in modi più terribili di quanto vogliamo ammettere.
Difendere l’autorità della Chiesa
I difensori del Vaticano II sembrano sinceramente preoccupati dell’effetto che questo avrà sull’autorità della Chiesa.
È una preoccupazione lodevole, ma dopo tutte le rivelazioni di abusi sessuali, tutta l’eresia che si è diffusa negli ultimi sessant’anni all’interno della Chiesa, dopo tutte le rivelazioni di corruzione finanziaria nella curia, qualcuno pensa davvero che i fedeli decideranno improvvisamente che l’autorità della Chiesa è falsa se i pastori della Chiesa ammettono che il Vaticano II ha commesso degli errori o non ha raggiunto i suoi obiettivi?
No, non lo faranno. Si rendono conto che il tempo del Vaticano II è passato, ma che Dio non ha abbandonato la sua Chiesa, cosa che i difensori del Vaticano II devono ricordare. È comprensibile che alcuni abbiano difficoltà a farlo, perché ci sono anche cose belle nelle aspirazioni del Concilio Vaticano II. Tuttavia, per quanto triste possa essere, a volte bisogna lasciare andare ciò che è caro, per poter andare avanti con la propria vita. Così è nella Chiesa.
È tempo di riconoscere che il Vaticano II non ha rifatto la Chiesa, né l’ha distrutta. È necessario riconciliarsi con la realtà, ammettere che il Vaticano II è solo una parte della vita della Chiesa, una parte che dovrebbe essere lasciata saldamente nel passato.
*Docente di storia al Johnson County Community College di Overland Park, Kansas.
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(Fonte: OnePeterFive)